Giovanna della Croce

“Si è detto che in tutta la letteratura nordica medioevale questa opera si distingue per singolarità di stile personale e vivissimo e per dono particolare di espressione epigrammatica sia nel campo dottrinale che in quello morale. La Nube raccoglie un insegnamento ascetico mistico che, impostato sui principi ortodossi della tradizione cristiana, si inserisce perfettamente nel contesto della vita sacramentale e devozionale del medioevo inglese […]. L’autore della Nube traccia con la massima chiarezza un cammino di spogliazione totale, simile a quello che verrà insegnato da s. Giovanni della Croce. Si tratta di un cammino che passa attraverso le purificazioni attive e passive delle ‘notti’. Conosce la preghiera di semplicità e di abbandono silenzioso all’azione di Dio, lo sguardo amoroso (o della contemplazione acquisita), il sonno delle facoltà, la preghiera di quiete, le comunicazioni passive di Dio nella contemplazione pura, quasi anticipando in molto quanto dirà la scuola teresiana e sangiovannista sui gradi d’orazione […]. La Nube si rivolge a una persona (un discepolo?), estendendosi però ad altri che abbisognano dello stesso insegnamento, come aiuto per avanzare nella vita di solitudine e di preghiera. Tutta l’ascesi è vista come esercizio dell’amore di Dio. L’autore non si stanca di ripetere che l’amore è l’unico mezzo attendibile per progredire e per rompere ‘la nube del non-sapere’ che in questa terra separa l’uomo da Dio. Ma ciò sarà possibile soltanto a condizione di considerare tutte le cose create sotto la nube di oblio. Man mano che questa nube si fa più densa, l’amore diventa più puro, più audace, più forte, tanto da poter trasformare tutto l’essere umano in preghiera costante. Però tale trasformazione d’amore è l’opera di una grazia specialissima. È questa grazia che produce nell’uomo l’autoconoscenza della propria miseria e con essa la capacità di unirsi a Dio nella contemplazione oscura”.
 
Giovanna della Croce, I mistici del nord, Edizioni Studium, Roma, 1981, pag. 53-54.