Scuola di
San Vittore di Parigi
Nel 1108 Guglielmo di Champeaux, professore di teologia e arcidiacono di Parigi, si ritirò in eremitaggio con alcuni allievi sulla riva sinistra della Senna. Nel 113 la giovane fondazione divenne un’abbazia di canonici regolari sotto la Regola di sant’Agostino. Fin dalle sue origini – un professore e i suoi studenti – San Vittore fu dunque chiamato ad una vocazione intellettuale e ad assumersi compiti di insegnamento. Con l’adozione della vita canonicale regolare ed il sostegno attivo di vescovi riformatori, l’abbazia avrebbe propagato gli ideali di Gregorio VII di riforma teologica e pastorale della Chiesa e di riforma morale del clero. L’abbazia fu, dunque, scuola di pensiero e casa madre di un Ordine.
Più che Guglielmo di Champeaux, elevato ben presto all’episcopato, fu Ugo di San Vittore (morto nel 1141) il vero fondatore di tale scuola rinomata in tutta Europa. Era una scuola aperta agli studenti non religiosi, e vi fu accolto Pietro Lombardo. Se ne conosce il programma di studi esposto nel Didascalicon di Ugo. Teorico della contemplazione e della carità, Riccardo di San Vittore (morto nel 1173) può essere considerato, dopo Anselmo di Canterbury, il fondatore della teologia mistica. […]
I Vittorini [tra i quali ricordiamo anche Andrea di san Vittore, Acardo di san Vittore e Adamo di san Vittore] rappresentano l’orientamento tradizionale della teologia nel XII secolo. Fondandosi sui Padri della Chiesa latina (in particolare sant’Agostino), su Boezio, ma anche su Dionigi Areopagita, ma anche aperti alle conquiste scientifiche del loro tempo, ricercano una sintesi tra Scolastica e Mistica. Partendo da una rappresentazione simbolica della realtà, vedono la meta delle scienze e della vita nella mistica contemplazione di Dio e in una mistica dell’amore. I Vittorini hanno esercitato un notevole influsso sulla successiva teologia scolastica, in particolare sulla scuola francescana e sulla tarda mistica medievale […].
Dizionario enciclopedico del medioevo, edizione it. a cura di Claudio Leonardi, Città Nuova, Roma, 1999, pag. 1704-1705.