Meister Eckhart

 

Eckhart Meister, proveniente da una famiglia contadina o della cavalleria, nasce in Turingia. Entrato nel convento dei Domenicani di Erfurt, nel 1277 a Parigi studia le arti liberali. Prima del 1280 è studente nello Studium generale dei Domenicani a Colonia (dove è possibile che abbia incontrato Alberto Magno); baccelliere a Parigi nel 1293, leggele Sentenze di Pier Lombardo. Nel 1294 è priore a Erfurt e vicario a Toringia. Dal 1302 al 1303 è magister actu regens, ossia professore a Parigi, poi, dal 103 al 1311, provinciale dei Domenicani per la Sassonia; a partire dal 1307 è anche vicario generale per la Boemia. Dal 1311 al 1313 è professore a Parigi, dal 1314 al 1322 vicario del generale dell’Ordine a Strasburgo e, a partire dal 1323, alla testa dello Studium generale di Colonia. Nel 1326 è accusato dall’arcivescovo di questa città di professare dottrine eretiche. In seguito a ciò, l’Inquisizione gli istruisce un processo. Muore probabilmente ad Avignone o a Colonia.
            Secondo Meister Eckhart l’essere e la vita di ogni creatura hanno come unico scopo la ricerca e il perseguimento (letteralmente caccia) di Dio(Opere tedesche III, 368, 7 sq.). Tutto ciò che è, ha tutto il suo essere da Dio. L’essere stesso non ha altro fondamento che Egli stesso, immediatamente. Per Meister Eckhart vi è un duplice Essere: 1. L’esse absolute, l’essere di Dio, che esiste per se stesso, si dà a se stesso, è permanente; 2. L’esse hoc et hoc, l’esse rerum, che non può esistere per se stesso, ma è essenzialmente un essere che viene ricevuto. Ogni creatura riceve ininterrottamente l’essere da Dio, sì che questo essere non cessa di propagarsi e diffondersi in lei. L’essere variabile dell’esse rerum è la realtà esteriore delle cose determinate dalla loro forma propria. Ma l’essere non è che l’anticamera di Dio, il suo tempio è l’intelletto (vernünftigkeit). L’intellectus è per Meister Eckhart la chiave per accedere all’essere puro e limpido. Esso non si ferma alle immagini, ma va alla radice e riconosce i principia substantiales. L’incredibilitas intellectus risulta dal fatto che Dio è insieme intellectus e intelligere, poiché il creator è non creabile. Così la Conoscenza è sempre una conoscenza limitata. L’unitas è la radice di ogni conoscenza, ma l’unitas intellectus sussiste soltanto nel deus unus.
            Ma come può l’uomo pervenire alla conoscenza che è per lui essenziale? Secondo la tradizione epistemologica di Empedocle e di Aristotele, seguita da Meister Eckhart, il simile può essere conosciuto solo dal simile, sì che Dio può essere conosciuto soltanto da Dio. Tramite la nascita di Dio nell’Anima, l’uomo, attraverso Dio, è reso capace di diventare “figlio di Dio”.In quanto nasce nell’anima umana, Dio nell’uomo viene conosciuto attraverso Dio. L’uomo che per la nascita di Dio nella sua anima può conoscere Dio in quanto Dio, è anche capace di comprendere la dimensione cristologica della parola di Dio come quella del Figlio che risponde al Padre. Dio, in quanto Uno, agisce nell’anima. Il soffio di Dio /…/ attrae l’anima verso se stessa, la unisce a sé e la rende deiforme” (Opere tedesche III, 569, 1, sq.). Nel fondo dell’anima brilla la luce di Dio che si espande e si manifesta. Tuttavia la nascita di Dio nell’anima è un mistero che non può essere espresso adeguatamente: Nessuno sa che cosa sia l’anima nel suo fondo. Ciò che si può sapere deve essere di ordine soprannaturale, dato per grazia: là Dio agisce con misericordia” (Opere tedesche I, 124, 4-6).
            L’uomo che corrisponde a Dio, ossia che conosce in ragione della nascita di Dio nella sua anima, è un essere ritirato, separato. Egli si ritira progressivamente dalle sue immagini assoggettanti e diventa così libero e può vivere nella quiete. L’uomo ritirato è il povero di spirito delle beatitudini, “è un uomo povero che nulla vuole, nulla sa, nulla possiede” (Opere tedesche II, 488, 5 sq.). I poveri, in quanto nihil habentes (Opera latina III, 337, 1 sq.), possono conoscere l’“esse nudum et indistinctum”. La una dispositio del povero, alla quale niente si può sostituire, che mette in relazione con il Dio uno, è il relinquere omnia. Così il povero è l’uomo libero, perché libero dal volere possessivo, dal sapere e dall’avere. Egli è libero dai suoi pensieri, dalle sue immagini, cosicché egli non desidera in maniera egoista Dio, la creazione e se stesso. Ma in questo ritirarsi, in questa libertà, egli è aperto a Dio, alla creatura e all’io. Nell’abbandonare il Dio come oggetto di possesso e di proprietà può incontrare il Dio uno, vivente e vero. Lasciando Dio essere Dio, conosce allora realmente Dio, la creatura e il suo io. Così questa libertà è feconda.
            Secondo Meister Eckhart vi è una sola giustizia: la giustizia di Dio. Dio è creatore e dispensatore di amori, poiché Egli stesso è l’amore. Vi è dunque un solo amore, la cui origine è Dio. Con la sua nascita nell’anima umana, Dio rende l’uomo capace di amare. Diventando figlio di Dio, io divento amante. L’uomo che ama è essenzialmente modellato dall’amore divino. “Dio stesso è l’amore tramite il quale amiamo” (Opera latina IV, 63, 11). Chi ama Dio, ama veramente Dio, se stesso e il prossimo. Amandoli in Dio, egli si libera di un amore di sé e del prossimo che può essere distruttore.
            L’uomo nato da Dio diventa così uomo di pace “poiché ciò che è nato da Dio cerca la pace e va verso la pace” (Opere tedesche I, 118, 5 sq.). Ogni cosa ha bisogno della pace divina. Dove questa pace entra, l’anarchia, frutto dell’assenza di pace, sparisce. La pace di Dio crea un ordine pacifico delle cose e degli esseri umani. L’uomo al quale Dio è presente diviene “un volto di pace” (Opere tedesche II, 352, 1 sq.).
 
Dizionario enciclopedico del medioevo, edizione it. a cura di Claudio Leonardi, Città Nuova, Roma, 1999, pag. 621-622.